sabato 8 dicembre 2018

Il diritto di essere poveri

La povertà è sempre esistita ma non è mai andata di moda, e tanto meno lo è oggi.
Perché i poveri imbarazzano, infastidiscono, creano problemi, ci rovinano la vita trascinandoci (forse) nella loro povertà e diventano facilmente i capri espiatori delle frustrazioni più diffuse.
Odiare i poveri e chi è meno fortunato di noi rappresenta il livello zero di civiltà e di umanità.

Ma essere poveri è un diritto, un nuovo diritto non ancora riconosciuto.   Essendo un nuovo diritto, questo appare strano, come apparivano strani il diritto alla salute o alla libertà di culto nei secoli passati, ma chi oggi è povero e soprattutto non aspira a diventare ricco non ha alcun riferimento politico, per ora.
Se questo post suona strano, forse fra pochi anni non lo sembrerà più.
E' una scommessa, che spero di perdere.

lunedì 19 novembre 2018

El periodo especial para todos

I motivi per i quali gli ebrei della Germania del terzo Reich non sono fuggiti in massa all'aumentare delle persecuzioni sono molti, ma il più importante è che non immaginavano che la catastrofe che si stava profilando all'orizzonte si sarebbe avverata davvero, e più che mai nella forma di un genocidio epocale.
L'incapacità di credere che le catastrofi si possano avverare nonostante le avvisaglie è stata una costante nella storia dell'umanità ed è costata milioni di vite.
Troppo grande perché possa succedere è il pensiero tranquillizzante con cui ci si consola prima delle catastrofi, senza prendere provvedimenti per evitarle o per mitigarne gli effetti.
E oggi che siamo all'alba della più grande catastrofe dell'umanità, confermata da fonti istituzionali e non da cassandre isolate, continuiamo a comportarci come se nulla cambierà, come se scaldarsi, girare in auto, mangiare tutti i giorni siano diritti acquisiti, e che nessuno ce li potrà mai togliere.
Il periodo especial che passò Cuba negli anni 90 dopo l'embargo ed il taglio delle forniture di prodotti petroliferi da parte dell'URSS è solo un piccolo assaggio di quello che ci aspetta visto che non viviamo in una piccola isola sottopopolata con un clima tropicale e bassi standard di vita da cui volendo si può fuggire.
Non c'è posto ove fuggire, ed anche se ci fosse, l'incapacità di immaginare la catastrofe incombente ci volterebbe all'inazione, al tirare a campare.
E pure chi è estremamente cosciente di quel che sta per succedere non fa nulla per salvarsi.
Del resto, che si può fare? Qualcuno lo sa?

mercoledì 17 ottobre 2018

PSC RUE POC PUA ora PUG!

No, non sono onomatopee fumettistiche come CRASH, BANG, SMACK etc. ma sono le sigle dei cosiddetti "strumenti urbanistici" dei comuni della nostra regione (questa espressione è necessariamente fra virgolette perchè la trovo truce e prevaricante, almeno quanto il "latinorum" di Don Abbondio) . 
Il cittadino comune si era fermato al PRG, cioè Piano Regolatore Generale degli anni '70 e lo aveva acquisito nel proprio linguaggio tanto che ormai tutti sanno cos'è il PRG ma pochi sanno che non esiste più da decenni.
Ora la regione ha purtroppo approvato una nuova legge urbanistica ambientalmente pessima, un assalto al territorio mascherato da buone intenzioni in cui buona parte delle decisioni pianificatorie vengono demandate all'iniziativa dei privati, ed ora i comuni devono adeguarsi. Quindi tutti i vecchi "strumenti urbanistici" , cioè il PSC, il RUE, Il POC ed i PUA vanno in pensione e verranno sostituiti dal PUG (Piano Urbanistico Generale) e da "Accordi Operativi". Pochi giorni fa il nostro comune ha indetto un bando europeo per trovare un gruppo di esperti che ci scriva il nostro nuovo PUG.  Stiamo cioè cercando dei professionisti, verosimilmente non di Ravenna, a cui dare 400.000 euro perchè ci dicano cosa come e dove costruire o non costruire a Ravenna.
Non so voi, ma viste le premesse, io non mi aspetto nulla di buono da tutto questo. 
Morirò aspettando inutilmente una legge che imponga la riduzione del suolo cementificato, la demolizione di strade ed edifici sottoutilizzati. Nel lungo termine ci penserà la natura, ma nel lungo termine saremo tutti morti.

mercoledì 3 ottobre 2018

Problem solving estremo

Il collasso del pianeta per l'inquinamento, l' esaurimento del petrolio, guerre, carestie e tante altre disgrazie è uno dei temi piu classici della fantascienza.  Tantissimi scrittori e registi hanno narrato l'apocalisse, e più raramente narrato il riscatto dell'umanità dal suo declino. Due autori su tutti, John Brunner ed il nostro Roberto Vacca che si sono occupati con successo del tema,


Purtroppo questi foschi scenari si stanno realmente avverando.  Diciamo anche che se andiamo avanti così siamo spacciati, anzi, siamo spacciati comunque.

Nel racconto di Frederik Pohl Alpha Aleph, una futura e disperata umanità tenta una soluzione anch’essa disperata ma lo spoiler si ferma qui. Il racconto si basa su una congettura dello psicologo maltese Edward De Bono che nei suoi studi costruì alcuni esperimenti dove rilevò che in alcuni casi i soggetti a cui si chiedeva di risolvere certi problemi trovavano le soluzioni migliori solo quando venivano forniti di pochissimi strumenti.  Invero,  la disponibilità di maggiori strumenti portava i soggetti a soluzioni molto meno brillanti. Storicamente i lavori di De Bono hanno ispirato molti di  quegli assurdi quanto divertenti corsi che le aziende impongono al proprio personale, sopratutto dirigenti, quadri e commerciali. 

Ma l'ipotesi che le migliori soluzioni si trovino  quando c'è scarsità di mezzi ha un presupposto non esplicitato: che i soggetti che affrontano il problema debbano essere sufficientemente intelligenti e motivati.
Se qualcuno a cui avete dato un problema da risolvere vi dice che non può farlo perchè non ha gli strumenti, è molto probabile che sia privo di intelligenza o di motivazioni, o di entrambe.
Tornando ai massimi sistemi, le soluzioni dei problemi dell'umanità (esplosione demografica, picco del petrolio o dei fosfati etc,) dovranno essere necessariamente trovate con scarsità di mezzi, perché sono proprio questi che ci stanno mancando. Vedremo se questo stato di necessità e di mancanza di mezzi ci farà trovare soluzioni che oggi, affogati dall'abbondanza, non riusciamo a vedere o,  detto in altri termini, vedremo se siamo poi così intelligenti come ci crediamo.

domenica 9 settembre 2018

Alcol, alcool, alcohol


Negli anni 80 il ministero dell'agricoltura comprava pagine sui giornali per promuovere il consumo del vino. A promuovere i superalcolici provvedevano già gli stessi produttori con spot in TV e su carta stampata.
Casomai qualcuno ancora non lo sapesse, l'alcol, in qualunque forma assunto,  è per l'uomo ufficialmente un veleno: i suoi effetti negativi sull'organismo non sono affatto compensati dai pochi effetti positivi di piccole dosi. L'ennesimo metastudio su un campione di 28 milioni di persone lo dimostra ampiamente. Quindi, detto in altri termini, al pari del fumo di tabacco,  non esiste dose minima al di sotto della quale non si hanno danni alla salute.
Ma assodato ciò, sembra difficile che si riesca a buttare a mare una tradizione millenaria di produzione e consumo di alcol così profondamente radicati in occidente e oriente, ma in qualche modo bisognerà, aimé,  muoversi in questa direzione.
Ma l'alcol ha anche una grande virtù che non va sottovalutata: al di sopra di una certa gradazione si conserva per decenni a temperatura ambiente senza particolari accorgimenti, e se l'alcol fosse realmente un alimento, questa proprietà lo renderebbe unico fra tutte le fonti alimentari.
Biomasse, rifiuti organici,  eccedenze agricole, potrebbero essere avviate alla fermentazione ed alla distillazione più di quanto non si faccia oggi, con l'ottica di stoccare in forma di alcol tutte le calorie prodotte.
Ma poi bisognerebbe trovare il modo, all'occorrenza, di riconvertire l'alcol in zucchero o altra sostanza edibile.  Non mi risulta che sia mai stato studiato questo processo, ma dato che oggigiorno con l'ingegneria genetica si fanno miracoli, non mi sembrerebbe così difficile mettere a punto microrganismi che possano invertire il processo di fermentazione per portarlo a scala industriale.
Capisco che la cosa sembri andare contro le aspirazioni di genuinità e "naturalità" del cibo, ma dato il trend di crescita della popolazione mondiale dobbiamo pensare già da ora a soluzioni drastiche per combattere la fame che purtroppo è alle porte.


sabato 31 marzo 2018

Economia circolare?

 "Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi" - Giuseppe Tomasi di Lampedusa . "Il Gattopardo"


Prima venne la moda dell'"ecologico" e per due o tre decenni si è usato per identificare qualunque cosa non fosse sinonimo di spreco ed inquinamento gratuito. Così abbiamo avuto automobili ecologiche, sacchetti ecologici, comportamenti ecologici, aziende ecologiche etc.  Se andate a svuotare i pozzi neri con l'autobotte svolgete una attività "ecologica" e formalmente siete dei benemeriti dell'ambiente, mentre se lo facevate negli anni 60 eravate dei paria che impestavano l'aria con il fetore da fogna. Nel tempo la sostanza non è cambiata ma è cambiata la sua descrizione. Lo spazzino è diventato operatore ecologico!  E questo è puro marketing.
Poi è venuta la moda della "sostenibilità". Tutto doveva essere sostenibile, dalla produzione ai consumi, alle aziende i comportamenti.
Raccogliere il cartone dei supermercati è diventato un contributo alla "sostenibilità" dell'economia ma se lo facevate negli anni 90 eravate dei poveracci emarginati che non sapevano come sbarcare il lunario. Anche qui la sostanza non è cambiata ma solo la sua descrizione.
Oggi è arrivato il nuovo mantra per insultare le masse: "economia circolare"! In poche parole significa che le risorse non vanno sprecate e vanno rimesse in circolo. Sai che novità! Sarebbe da idioti pensare diversamente. Quindi, se raccogliete il cartone siete un'anello della favolosa economia circolare. Forse il migliore esempio sono proprio le donne indiane che impastano con le mani gli escrementi dei bovini e li fanno seccare al sole per rivenderli  come combustibile. Economia circolare pura! Ma anche se andate a rubare il rame dalle grondaie dei cimiteri per rivenderlo al mecato nero alimentate l'"economia circolare". 
Queste parole, come tante altre, in genere nascono in ambienti accademici anglosassoni da persone che conducono una vita non ha nulla a che fare con cio che questi termini descrivono. Poi vengono riprese nelle nostre università e infettano a cascata le aziende di consulenza che le rivendono  a politici e dirigenti. Sono termini che esistono solo nei procalmi dei politici e nei documenti di propaganda aziendali o in ambito giornalistico. Il popolo, con antica saggezza, non usa queste parole, non perchè non le conosca, ma perchè ha il senso del ridicolo piu sviluppato di chi invece le usa. Provate ad andare nella sala d'aspetto del dottore a dire che lavorate in una azienda ecologica (spurgo pozzi neri) o avete una attività sostenibile (raccogliete il cartone) o  vi occupate di economia circolare (andate a rubare il rame) e guardate le facce delle persone. 
Ora, questi termini come tanti altri (es, etico, solidale, etc)  poco hanno a che fare con la realtà del mondo economico che, purtroppo è prevalentemente fontato sul BAU (Business As Usual) ed il consumo indiscriminato delle risorse. Hanno invece molto a che fare con la percezione e la descrizione proprio del BAU.  Un'azienda non nasce perchè all'università di Berkley hanno codificato un nuovo modello economico ma è il contario. Un'azienda nasce perche la società la chiede e lo permette, ed a Berkley gli danno nome categoria e attributi in qualche caso mai usati prima. E tutto il resto è moda.


sabato 3 marzo 2018

Grandi scontrini


Fra le tante promesse non mantenute della rivoluzione informatica c'è anche quella della scomparsa o riduzione della carta come supporto per la registrazione dei dati. Invece il consumo di carta negli ultimi 30 anni è aumentato  del 50%.  E l'aumento insensato delle dimensioni degli scontrini ne è una piccola conferma.   E lo stesso trend c'è stato anche per i biglietti del cinema, teatri, treni, traghetti etc. 
Questo certamente averebbe dato molto materiale di studio a William James Sidis, l'uomo piu intelligente del mondo che all'inizio del '900 dedicò un'opera all'analisi della sua sterminata collezione di biglietti di mezzi di trasporto pubblici. E noi, che così intelligenti non siamo, ci limitiamo a notare che questo aumento del consumo di carta potrebbe essere definito come effetto indiretto del paradosso di Jevons. Questi afferma in poche parole che ogni miglioramento nell'efficienza con cui sfruttiamo una risorsa come elettricità o petrolio comporterà, data la natura umana, inevitabilmente ad un maggiore consumo di  questa risorsa. Ad esempio, la maggiore efficienza energetica delle luci led domestiche ha fatto si che si siano aumentati i punti luce nelle case e nei giardini fino a superare i consumi per illuminazione del periodo precedente. L'aumento nell'efficienza e quindi l'abbassamento dei costi della carta e delle stampanti e del software ha portato alla lunga all'incremento della dimensione degli scontrini e delle informazioni stampate.
Come dicevo, è la natura umana, e non è modificabile nel breve periodo e probabilmente mai, ma continuo a pensare che ci sia qualcosa di sbagliato nella natura umana se nel per l'acquisto di una confezione di craeker e poco altro mi trovo in mano  30 cm di scontrino!

mercoledì 17 gennaio 2018

Torneranno gli orti

Per ora sono tornati i prati,  come sono tornate le canne comuni ed il bambù. 
Decenni or sono, lungo i nostri fiumi (Ronco Montone e Fiumi Uniti), nello spazio fra gli argini e l'acqua c'erano centinaia di orti, forse migliaia, coltivati abusivamente su suolo demaniale.  Ma le autorità lasciavano correre a patto che non si piantassero alberi o capanni. Gli orticoltori erano generalmente operai, ex contadini inurbati che investivano nell'orto il loro tempo libero per risparmiare sull'acquisto di ortaggi a vantaggio delle loro famiglie.
Oggi gli orti fluviali sono quasi spariti perché è sparita la generazione che li aveva coltivati, consumata nelle fabbriche e nel consumismo delle generazioni successive. Orti ne sopravvivono pochissimi, perlopiù nelle porzioni degli argini raggiungibili in auto, perché gli orti di oggi sono diventati passatempi, hobby da pensionati e non più attività paraeconomiche importanti. L'orticoltura è diventata un retaggio del passato come la polenta nel paiolo e la passata di pomodoro fatta in casa. O un'attività semieversiva da Decrescisti anarcoidi.
La generazione di oggi compra le verdure importate dalla Spagna o dal Nordafrica nei supermercati, confezionate  una ad una in materiali "ecocompatibili" e questo è percepito come la normalità.
Famiglie che mezzo secolo fa si litigavano l'erba dei fossi per nutrire i conigli oggi si disputano il parcheggio per l' auto ed il posto al ristorante. 
La  globalizzazione dei mercati e la grande disponibilità di combustibili fossili hanno reso possibile rifornirsi con facilità al supermercato di frutta e verdura indipendentemente dalle stagioni ignorando tutto quello che sta dietro ai prodotti. L'autoproduzione oggi non è più necessaria. Ma non riesco a pensare a tutto ciò come la normalità o come ad un modo di vivere che possa durare secoli.
Anche perché i combustibili fossili a buon mercato iniziano a scarseggiare la popolazione mondiale aumenta.
Credo che prima o poi torneranno gli orti, quelli veri, quelli fatti per necessità e non per noia. E forse tornerà un po' di quella umanità che abbiamo perso.