domenica 19 dicembre 2010

Mistificazione, ignoranza, o semplice malafede?

Il nostro formidabile sindaco ha dichiarato che Ravenna  "ha raggiunto 500 ettari di verde urbano".  Pensavo essere un'errore di trascrizione ma la stessa cifra è stata riportata da tutte le testate on-line. 
E' chiaro che è un dato assolutamente inverosimile ed anche un bambino con la licenza elementare potrebbe capirlo. 500 ettari sono 5 Km quadrati (per fare un confronto Central Park a New York è di soli 3,4 Km quadrati!) .Ho disegnato sulla cartina di Ravenna un quadrato viola di 500 ettari per rendere meglio l'assurdità di questa affermazione (clicca sull'immagine).
Se il sindaco intendeva dire che anche tutto il verde inedificato e coltivato attorno alla città è "verde urbano" allora poteva sparare anche 1000 ettari, tanto nessuno avrebbe potuto contraddirlo: oltre la periferia è tutto verde, da sempre come in tutte le città della pianura. Forse in una città al centro di un deserto come potrebbe essere Las Vegas avrebbe senso dire che "abbiamo raggiunto", cioè abbiamo recuperato dall'ambiente arido tanto verde urbano. Ma a Ravenna che senso ha questa frase?
Immagino poi che questi dati siano stati presentati in una conferenza stampa davanti a giornalisti titolati,  ma è mai possibile che davanti a questa cifra nessuno abbia strabuzzato gli occhi ed abbia avuto l'ardire di dire ad esempio: "Scusi, signor sindaco, ma dove sarebbero questi 500 ettari? Ce lo può spiegare gentilmente?"
Non è che si possa sempre delegare la verifica di certe affermazioni all'opposizione politica (che spesso latita su queste e molte altre questioni) o ai soliti "rompiballe" degli ambientalisti.
Se cose così palesemente false o mistificate ci vengono poi riportate pari pari dai giornali, come possiamo fidarci di dati ben meno controllabili dal semplice cittadino come ad esempio il bilancio economico o energetico o dati sull'inquinamento e sul traffico?
Ma ci sono a Ravenna giornali o giornalisti che non facciano solo i portavoce dei sindaco o dei potenti di turno?


lunedì 13 dicembre 2010

Rifiuti zero a Kilometri zero.

La necessità di accorciare le filiere di produzione dei beni di consumo, sopratutto alimentari, fino alla soglia dei fatidici "Km zero" è, almeno a parole, avvertita e assecondata da tutto il mondo ambientalista, e non solo. Anche forze politiche insospettabili auspicano, in alcuni casi, la filiera corta e un'economia di prossimità territoriale. 
Intanto nel mondo dei rifiuti, quelli recuperabili, cioè non destinati a discarica o incenerimento,  i trasporti su grandi distanze vanno per la maggiore.
Due esempi: i piccoli elettrodomestici (stampanti, telefoni, tostapane etc.) raccolti nelle ecoaree di Ravenna vengono trasferiti a Vicenza (240 Km!) e i rifiuti organici biodegradabili, quelli dei bidoni marroni vicino ai cassonetti, finiscono a Voltana (33Km!).
In questi luoghi ci sono gli impianti di trattamento specifici, ma sono impianti con bassissimo contenuto tecnologico. L'impianto di compostaggio di Voltana non fa altro che replicare in grande i processi organici che avvengono nelle compostiere domestiche o poco più. Basterebbero piccoli impianti (o grandi compostiere) distribuiti sul territorio, magari gestiti da un' imprenditoria  privata ben controllata dal pubblico,  per riciclare tutti i rifiuti biodegradabili, senza instaurare una teoria di camion che portino i nostri rifiuti a Voltana e ritirino poi il compost.
Per gli elettrodomestici, andando a spulciare nel rapporto 2009 del centro di coordinamento italiano dei Raee, l'ente che regola lo smaltimento e recupero di tutti gli elettrodomestici,  scopriamo che in Italia i centri autorizzati smontare e trattare questi rifiuti,  e quindi anche smontare un semplice fon sono solo 62, perlopiù concentrati in Veneto e Lombardia; eppure sono impianti potrebbe dove la gran parte delle attività sono a bassa tecnologia ed il personale è poco o nulla specializzato. Qui in romagna sono stati avviati esperimenti più che altro finalizzati al recupero sociale, impiegando ad esempio i detenuti del carcere di Forli o i disabili di una coop sociale di Bologna.
In un certo senso, si potrebbe dire che i veneti ci stanno "rubando" del lavoro facile facile, e che rinunciando ad investire in questi settori, rinunciamo ad una maggiore occupazione e ricchezza nel nostro territorio.
Ma le responsabilità di questa organizzazione superindustriale per attività "semplici" non sono solo della politica e dell'imprenditoria che ovviamente ci sguazza . Le responsabilità sono anche della società, e quindi nostre, che tende sempre più a delegare le proprie incombenze a terzi, e non assumersi la responsabilità di uno stile di vita, e di pensiero, ormai insostenibile.