giovedì 24 luglio 2014

Perchè facciamo quel che facciamo

"Mio nonno fava i mattoni, mio babbo fava i mattoni, fazzo i mattoni anche me', ma la casa mia n'dov'è?"  Calzinazz - dal film  Amarcord di Fellini

Non ho mai incontrato un esquimese, e neppure un mongolo o uno yemenita. E così pure mio nonno, un secolo fa nella sua collinosa romagna, non aveva mai incontrato un'austriaco.
Qualcuno lo convinse o lo costrinse nel 1915, nel fiore della sua gioventù a lasciare la sua terra per andare a sparare contro altri ragazzi come lui, ma austriaci, i quali a loro volta forse mai avevano incontrato italiani prima di allora.
Mio nonno non c'è piu da molti anni e non ho  avuto la possibilità di ascoltare le sue storie di guerra. In parte perché per differenze di luoghi e di età ci siamo incontrati raramente in questo mondo ed in parte perchè non ha mai voluto parlare volentieri della sua grande guerra nonostante fosse stato decorato come Cavaliere di Vittorio Veneto.
Avrei voluto chiedere a mio nonno ed a tutta quella generazione, perché. Perché siete andati la ad ammazzarvi, a sparare a degli sconosciuti, che giustificazioni vi davano e vi davate. Possono sembrare, e forse lo sono, domande ingenue dettate dal senno di poi di chi non ha mai visto la guerra se non in tv. Però la sensazione che quella guerra, come tutte le guerre, non fosse così universalmente sentita dai giovani in trincea ed il nemico non fosse così nemico come la propaganda e la retorica bellica imponeva lo dimostra il fatto che su alcuni fronti ci furono casi di fraternizzazione fra le truppe contrapposte come nella "Tregua di Natale" del 1914 (il video musicale di "Pipes of Peace" di Paul McCartney ce lo racconta) e che la stampa di allora, anche su pressione dei governi, tacette colpevolmente su queste vicende.
Quei ragazzi si erano semplicemente chiesti il perché di quella guerra e avevano visto che forse non c'erano motivi sufficienti per uccidere gli sconosciuti della trincea di fronte.
Ma oggi quella guerra ci sembra solo una carneficina senza senso in cui una piccola elite forse ci trasse qualche vantaggio a scapito del sacrificio di una generazione.
Son sicuro che verrà anche il giorno in cui anche quello che stiamo facendo oggi al nostro ambiente verrà giudicato barbaro e senza senso al pari di una guerra. Oggi si investe su megaopere ambientalmente e socialmente devastanti con la stessa determinazione e leggerezza con cui si forgiavano cannoni e si armavano gli eserciti nell'Europa di inzio 900.  Fermiamoci e domandiamoci cui prodest tutto cio? A chi servono veramente queste grandi (o piccole)  opere? 
Non è una domanda retorica e non ho la una risposta netta anche se forti sospetti li ho. 

domenica 8 giugno 2014

La solitudine dei numeri tutti

Quando quello che sappiamo o intuiamo ci viene raccontato con numeri e grafici tutto assume un'aspetto piu crudo e stringente. Come il saldo del conto corrente, la visione di un termometro in una giornata afosa, le analisi del sangue con i loro asterischi o la bolletta del gas. Non è che tutti i numeri o i grafici ci raccontino delle negatività ma la tendenza ad evitare la freddezza delle cifre è sintomatica del nostro disagio nell'affronare la realtà.
Ho riportato in questa pagina il grafico della distribuzione della popolazione di Ravenna suddivisa per età; è una situazione quasi sovrapponibile a quello della regione Emilia-Romagna o delle altre zone del nord Italia. Anche le regioni piu prolifiche del sud Italia non sono molto dissimili.
Sostanzialmente siamo una popolazione di adulti, figli del babyboom degli anni 60 prossimi all'invecchiamento e senza un sufficiente ricambio generazionale.
Ho evidenziato in grigio la parte di popolazione in età lavorativa (+/-) assumendo che chi lavora (adulti) mantiene chi non lavora (bambini, giovani e vecchi).
La prima considerazione che salta all'occhio è che fra qualche anno non ci saranno abbastaza adulti lavoratori per mantenere vecchi bambini e giovani studenti agli standard di vita attuali per cui qualcosa cambierà in misura molto più pesante di quanto sta già accadendo oggi, come ad esempio innalzamento dell'età pensionabile (ancora??) e/o richiamo alle armi dei giovani (non si studierà piu)  e/o importazione massiccia di immigrati in età lavorativa e/o spopolamento verso altre nazioni dei più abbienti o più capaci etc etc. Succederà tutto questo ed altro ancora, che lo si voglia o non lo si voglia, indipendentemente dalle nostre scelte politiche perchè contro questi numeri non c'è politica che tenga.
La seconda considerazione è sulle ripercussioni che subirà il nostro territorio da questi mutamenti sociali e demografici. Se ad un calo di popolazione attiva corrispondesse un calo della pressione antropica sul territorio ipersfruttato questa potrebbe essere una cosa positiva ma lo stile di vita attuale è caratterizzato da un'impronta ecologica sempre piu grande per cui l'impatto rimarrà invariato. Però avere una popolazione che invecchia ed in forte calo a fronte di un patrimonio edilizio sempre piu costoso da gestire (scaldare, pulire, manutenere, tenere a norma)  non può che significare  che il prezzo degli immobili crollerà molto piu di quanto stia facendo ora anche se non ci fosse un'inasprimento delle tasse.
A Ravenna abbiamo costruito negli ultimi trent'anni più di quanto sia stato fatto dall'alba dei tempi distuggendo terreno prezioso e questo sarà il risultato.
Tutti gli immobili privati e pubblici, come pure le infrastrutture, strade, reti etc.  risulteranno sovrabondanti e costosi e non potremo permetterci di tenere tutto. Per questo che credo che si debba iniziare a contrarre la città, recuperare le aree urbane dismesse e restituirle alla wilderness o all'agricoltura. Altro che nuovi quartieri e megalomani progetti di espansione urbana . Spero sia la volta buona perché la nosta società guarisca finalmente da quella che l'ottimo fardiconto ha chiamato "malattia del cemento".
Chi spera in una ripresa dell'edilizia è nel migliore dei casi un miope, un'ignorante ed un'illuso. Diversamente sarebbe un criminale.



giovedì 24 aprile 2014

Il mondo prima delle tiptop

Un'effetto collaterale del progresso tecnologico è che le tecnologie cadono velocemente nel dimenticatoio non appena vengono superate dalle nuove. Ad esempio in pochi anni sono sparite le macchine da scrivere, le valvole termoioniche, le musicassette, il VHS etc, etc.
Inevitabilmente perdiamo anche le generazioni di esperti di quelle tecnologie e tutto quello che ci rimane è solo la documentazione spesso cartacea. E spesso si perde anche la memoria che certe  tecniche e  tecnologie siano mai esistite e state utili.
Oggi mentre riparavo alcune camere d'aria di bicicletta con il classico  kit di riparazione mi sono accorto che c'erano più forature delle toppe disponibili. Troppo tardi per andare in un negozio di biciclette a comperare altre toppe e preso dal panico di lasciare il lavoro a metà mi son ricordato che in fondo le forature si riparavano anche quando le tiptop non erano ancora in commercio: si costruivano ritagliando un pezzo di vecchia camera d'aria e si applicavano tali e quali alle moderne tiptop.
L'ho fatto e ha funzionato. Le camere d'aria tengono benissimo. 
Sono stato fortunato ad essere abbastanza vecchio per ricordare com'era il mondo prima delle tiptop ma l'aspetto drammatico è che probabilmente un'adolescente nato nel mondo tiptop sia convinto che una foratura sia riparabile solo con le pezze comperate in negozio. A dire il vero alcune persone non contemplano neppure la possibilità di riparare forature e sostituiscono la camera d'aria forata con una nuova, ma questo è un'altro discorso.
L'arte di riparare e di arrangiarsi era molto piu sviluppata quando avevamo meno risorse e in passato sono stati raggiunti livelli impensabili.  Ho anche trovato in rete una procedura per riparare, senza pezze, una camera d'aria  con una bucatura esagerata, o anche una camera d'atia esplosa.
Buone riparazioni.

domenica 20 aprile 2014

Il fuoco è il male.

Quando hai davanti due sentieri scegli sempre il più arduo” (Himalaya, l'infanzia di un capo 1999)

Avete mai pensato come sarebbe il nostro mondo senza il fuoco? 
Impensabile!
E' almeno un milione e mezzo di anni che usiamo il fuoco e probabilmente vivere senza significherebbe porre fine alla civiltà così come l'abbiamo costruita.
Anche se nella nostra vita moderna il contatto  diretto con il fuoco è quasi scomparso e rimane giusto nei fornelli domestici a gas dove non è stato sostituito dai microonde o dalle piastre elettriche o a induzione e ... nelle sigarette dei fumatori.
Però il fuoco continua a bruciare nelle caldaie dei riscaldamenti, nei motori delle auto, nelle centrali termoelettriche, nelle industrie chimiche e in altre migliaia di applicazioni piu o meno vitali.
Tecnicamente il fuoco, cioè l'effetto della combustione, ci permette di trasformare l'energia chimica contenuta nei combustibili a base di carbonio e nell'ossigeno dell'aria in energia termica in modo molto veloce ottenendo ceneri (non sempre) e CO2. Usare il fuoco per scaldare, cucinare, trasformare la materia è relativamente facile ma  il fuoco porta anche una serie di problemi che solo recentemente cominciano ad essere riconosciuti perché la loro portata ha assunto una dimensione globale.
Principalmente sono:
- combustibili in via di esaurimento (petrolio, gas, biomasse etc.) e conseguenti guerre e tensioni
- aumento della CO2 in atmosfera con conseguenti cambiamenti climatici, global warming ed innalzamento dei mari
- aumento dell'inquinamento ambientale ( ossidi di zolfo, di azoto, IPA, diossine etc.) con impatti diretti sulla nostra salute.
Ma quello che mi fa dire provocatoriamente "il fuoco è il male" ha a che fare con qualcosa di piu intimo nel nostro rapporto con le risorse del mondo. Ad esempio, bruciare della legna per scaldarsi è stato facile, troppo facile tantochè l'unico problema era solo quello di avere legna a sufficienza. La cenere poi si "buttava via" e i fumi su per il camino! Ma bruciare legna con fiamme a 400° per scaldare corpi umani a 36° comporta uno spreco di energia enorme! Solo una piccola frazione dell'energia chimica contenuta nel legno è andata a scaldare l'umano seduto di fronte al caminetto, il resto è andata persa.
In poche parole il fuoco è inefficiente perché si tratta di una reazione chimica molto violenta e difficilmente controllabile. Poi qualcuno vi racconterà che oggi siamo tanto tecnologicamente avanzati che possiamo controllare anche il fuoco negli inceneritori di rifiuti, ma sempre di fuoco si tratta. Reazioni violente che attirano la nostra sete di soluzioni finali a qualunque problema.
Poi l'avere goduto di abbondanza di combustibile non ci ha mai stimolato abbastanza a cercar alternative. Alternative che in parte ci sono già  ed in parte vanno ancora cercate ma percorrere questa strada è piu difficile e laborioso, come sempre.
Per molti è più facile bruciare.

sabato 5 aprile 2014

Obsolescenza malprogrammata

Il Black & Decker di mio padre se ne è andato dopo 43 anni di glorioso servizio. Ha rantolato, tossito, emesso fumo ed è spirato nel tentativo di forare del tenero truciolato. L'indotto dei contatti su cui strisciano le spazzole si è bruciato  e non è piu riparabile.

Allora sono andato  in un grande magazzino per vedere di comprare il suo successore.Il ventaglio deli modelli disponibili è esageratamente ampio. Parlando dei soli trapani elettrici a filo ne ho visti almeno 25 e per non parlare di tutti i nuovi modelli a batteria.
I prezzi a partire da 17(!) euro. Ed anche il modello di primo prezzo che su ebay si trova a 12,99 euro (ho imparato anche che il "primo prezzo" è l'espressione moderna in luogo di "quello che costa meno") ha tutte le caratteristiche standard e cioè mandrino da 13mm, valigetta, funzione percussione reversibilità della rotazione e controllo elettronico della velocità, tutte cose queste che il vecchio Blak&Decker non aveva: lui si limitava a girare in senso orario alla massima velocità.
Però lo ha fatto per 43 anni.
Non voglio dire che il suo successore (che ancora devo scegliere) non ci arriverà mai, ma che forse la famosa e malefica obsolescenza programmta dipende anche dalle nostre scelte e non solo dalla conclamata perfidia delle multinazionali. Come posso pensare che un trapano che costa 17 euro, meno del costo di 4 Kg di pane, possa durami 40 anni?

giovedì 13 marzo 2014

Le grandi opere

A mio cognato si è rotta la lavatrice, il cestello accennava un mezzo giro e poi si bloccava e non voleva  far più il suo lavoro. Lui, invece di chiamare un riparatore a casa visto che abita anche fuori città, è "andato su internet" dove ha trovato un forum su questi problemi che l'ha indirizzato nella direzione giusta: il condensatore del motore della lavatrice. Ha quindi smontato  il condensatore e sostituito con uno uguale acquistato in un negozio di ricambi di elettrodomestici. Come per magia la lavatrice ha ripreso a funzionare perfettamente con gran soddisfazione di mi cognato e famiglia.
E le grandi opere?
Per far questo, mio cognato, che non è un propriamente un tecnico, ha usato l'ultima delle grandi opere infrastrutturali della nostra epoca: quella conosciuta con il nome di  "internet".  Una vera grande opera che ha permesso a lui di risparmiar soldi, forse tempo, e arricchirsi di conoscenze.
Perchè non si pensa ad internet, o al sistema postale, o a quello sanitario e scolastico come a "grandi opere" su cui investire pesantemente per migliorare la nostra economia e la nostra vita?
I nostri governanti saran davvero convinti che fare la TAV o una nuova autostrada porti piu benessere della banda larga o di un'ospedale in più?
Domade retoriche?

sabato 11 gennaio 2014

E e se questo non e' un furto dimmi tu cos'e'.

E successo che la mia signora si è trovata improvvisamente senza un orologio funzionante e quindi, da bravi consumatori,  siamo andati  ad acquistarne uno in una gioielleria all'interno di un grande centro commerciale. Non ritenendoci esperti di orologi ne cercavamo uno che soddisfacesse i seguenti requisiti in ordine di importanza: la bellezza, l'impermeabilità e l'essere di una marca piu o meno conosciuta.
Ovviamente il primo requisito era un'imperativo per chi doveva indossarlo, mentre l'essere di una marca piu o meno conosciuta pensavo, come la maggioranza del popolo bue, che potesse rappresentare una qualche garanzia in piu rispetto ad una marca sconosciuta.
Bene, ne abbiamo acquistato uno impermeabile della serie Tribe della Breil al prezzo di 69 euro.
E fin qui tutto mi sembrava regolare, l'orologio è bello, impermeabile, di una marca nota, ed anche il prezzo era ragionevole. Su internet si trova anche a 62-65 euro e quindi non siamo stati truffati sul prezzo.
Poi nel mio girovagare sulla rete, incuriosito dal fatto che esistono migliaia di marche di orologi, anche con brand che nulla hanno a che fare con l'orologeria come Ducati o Mercedes, ho scoperto che in realtà i costruttori dei meccanismi di orologeria, cioè il cuore pulsante dell'orologio, il cosidetto "movimento", sono molti ma molti meno. Infatti anche la Breil non si costruisce in casa i "movimenti", almeno per quello acquistato, ma si fornisce da altri.  Con qualche ulteriore botta di Google viene fuori che nell'orologio della mia signora c'è un movimento giapponese Miyota 2035 che costa......2 euro piu iva!!! 
E di qui il titolo del post, cosi per dirla alla Fred Buongusto!

Per i curiosi, l'orologio che ci ha lasciato dopo 12 anni di servizio era uno Swatch Irony.
E' questo un classico caso di bsolescenza programmata? Forse, non lo so. Quello che è sicuro è che i movimenti di questi orologi non sono riparabili perchè sono inglobati in una struttura in plastica non smontabile.

lunedì 6 gennaio 2014

Auto alla sbarra

E' come se mi avessero letto ma dubito che il Corpo Forestale dello stato o il Comune di Ravenna seguano questo mio piccolissimo blog.
La decisione piu saggia per la protezione della foce del Bevano è stata presa e attuata ma me ne sono accorto solo ieri, passando da quelle parti in bicicletta: è stata finalmente interdetta al traffico automobilistico l'ultimo tratto della via Fosso Ghiaia e le auto si dovranno arrestare ad almeno tre chilometri dal mare. La cosa stranamente non ha fatto notizia perchè forse tutto è avvenuto in autunno inverno, quando non c'è pressione turistica sulla zona.
Mi sembra di dire una banalità ma ho il dovere di ribadirlo perchè è una cosa che non entra in testa facilmente ai nostri amministratori: il sistema più efficiente ed economico per proteggere gli ambienti naturali è proprio quello di impedire alle persone di avvicinarsi in auto. 
Onore a chi ha preso questo provvedimento.