La necessità di accorciare le filiere di produzione dei beni di consumo, sopratutto alimentari, fino alla soglia dei fatidici "Km zero" è, almeno a parole, avvertita e assecondata da tutto il mondo ambientalista, e non solo. Anche forze politiche insospettabili auspicano, in alcuni casi, la filiera corta e un'economia di prossimità territoriale.
Intanto nel mondo dei rifiuti, quelli recuperabili, cioè non destinati a discarica o incenerimento, i trasporti su grandi distanze vanno per la maggiore.
Due esempi: i piccoli elettrodomestici (stampanti, telefoni, tostapane etc.) raccolti nelle ecoaree di Ravenna vengono trasferiti a Vicenza (240 Km!) e i rifiuti organici biodegradabili, quelli dei bidoni marroni vicino ai cassonetti, finiscono a Voltana (33Km!).
In questi luoghi ci sono gli impianti di trattamento specifici, ma sono impianti con bassissimo contenuto tecnologico. L'impianto di compostaggio di Voltana non fa altro che replicare in grande i processi organici che avvengono nelle compostiere domestiche o poco più. Basterebbero piccoli impianti (o grandi compostiere) distribuiti sul territorio, magari gestiti da un' imprenditoria privata ben controllata dal pubblico, per riciclare tutti i rifiuti biodegradabili, senza instaurare una teoria di camion che portino i nostri rifiuti a Voltana e ritirino poi il compost.
Per gli elettrodomestici, andando a spulciare nel rapporto 2009 del centro di coordinamento italiano dei Raee, l'ente che regola lo smaltimento e recupero di tutti gli elettrodomestici, scopriamo che in Italia i centri autorizzati smontare e trattare questi rifiuti, e quindi anche smontare un semplice fon sono solo 62, perlopiù concentrati in Veneto e Lombardia; eppure sono impianti potrebbe dove la gran parte delle attività sono a bassa tecnologia ed il personale è poco o nulla specializzato. Qui in romagna sono stati avviati esperimenti più che altro finalizzati al recupero sociale, impiegando ad esempio i detenuti del carcere di Forli o i disabili di una coop sociale di Bologna.
In un certo senso, si potrebbe dire che i veneti ci stanno "rubando" del lavoro facile facile, e che rinunciando ad investire in questi settori, rinunciamo ad una maggiore occupazione e ricchezza nel nostro territorio.Ma le responsabilità di questa organizzazione superindustriale per attività "semplici" non sono solo della politica e dell'imprenditoria che ovviamente ci sguazza . Le responsabilità sono anche della società, e quindi nostre, che tende sempre più a delegare le proprie incombenze a terzi, e non assumersi la responsabilità di uno stile di vita, e di pensiero, ormai insostenibile.
http://www.gruppohera.it/gruppo/responsabilita_sociale/vedo_hera/focus/pagina46-429.html
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