lunedì 29 aprile 2019

Il governo delle acque

Come tradizione vuole, con l'arrivo della primavera arrivano anche le bollette del Cosorzio di Bonifica della Romagna per l'indispensabile servizio di governo delle acque.
Non so se il servizio venga svolto con la diligenza necessaria o se il consorzio sia bene amministrato ma sono sicuro che senza di esso saremmo in grossi guai. Un territorio che è praticamente al livello del mare, con alcune zone al di sotto, non può sopravvivere senza una costante cura e vigilanza delle acque.  
E sempre secondo tradizione, ogni anno il consorzio, anche per ricordare ai Ravennati della sua esistenza, organizza una mostra di documenti storici ,"Lavori d'Acque", su quello che è e che è stato il conflittuale rapporto del nostro territorio con queste acque. Una mostra che vale sicuramente una visita.
Probabilmente peccherò di presunzione e provincialismo, ma credo che non esista un'altra zona al mondo come la nostra che abbia subito modificazioni così abbondanti e profonde a causa della mutevolezza delle sue coste e dei suoi corsi d'acqua. Cartine di solo un secolo fa sono difficilmente sovrapponibili  a quelle attuali, e così pure quelle del secolo scorso con quelle di cento anni prima e così via. Un  mutazione continua di cui bisogna essere coscienti per capire che quello che abbiamo oggi non l'abbiamo avuto dal cielo ma dal duro lavoro delle generazioni che ci hanno preceduto. Ed anche per questo che non dobbiamo e non possiamo sprecarlo.


venerdì 12 aprile 2019

La misura del danno


"..i giovani sentono il bisogno di distinguersi, e non trovando altra strada aperta come una volta, consumano le forze della loro giovanezza,[..] e gettano la salute del corpo, e si abbreviano la vita, non tanto per l'amor del piacere, quanto per esser notati e invidiati, e vantarsi di vittorie vergognose,.."  Giacomo Leopardi - Pensieri

E' possibile esprimere quantitativamente il danno procurato dall'uomo all'ecosistema e quindi al pianeta? Forse si ma non è facile.
Limitiamoci al solo problema della CO2 immessa in atmosfera che sta stravolgendo il clima e surriscaldando il pianeta.
Dall'inizio della rivoluzione industriale stiamo bruciando combustibili fossili spostando il carbonio dal sottosuolo direttamente in atmosfera per ricavarne energia.
Nell'ultimo numero de Le Scienze c'è un interessante articolo a firma di Richard Conniff (solo sul cartaceo o per gli abbonati online) su cosa l'umanità dovrebbe fare e come da qui alla fine del secolo per contenere l'aumento della temperatura entro 1,5°.
Il cosa fare è semplice: non solo ridurre le emissioni di CO2 ma anche arrivare ad "emissioni negative", cioè togliere dall'atmosfera più CO2 di quanta se ne immette. Riassorbirla e stoccarla da qualche parte in qualche forma. E' il come farlo che non è affatto semplice, anzi, quasi impossibile.
Attualmente buttiamo in atmosfera circa 50 Gton di CO2 all'anno ma dobbiamo invertire la tendenza ed entro la fine del secolo riassorbirne 1000!!
Le tecnologie ipotizzate per riassorbire la CO2, dette anche CCS (Carbon Capture and Storage) sono tante e fantasiose, ma anche costose. Dalla costruzione di vere e proprie industrie di riassorbimento e stoccaggio alla fertilizzazione dei mari ce n'è per tutti gusti. Sulle soluzioni "industriali" non vale la pena soffermarsi; sono deliri belli e buoni. Altre soluzioni sono discutibili, ma rimanendo con i piedi per terra l'unica opzione percorribile è decisamente quella della riforestazione del pianeta. Gli alberi assorbono il carbonio da sempre ed è anche la via più economica.
Ma quanti alberi dovremmo piantare per centrare gli obiettivi? Il calcolo non è semplice. Secondo l'articolo citato la riforestazione massiccia da sola non sarebbe sufficiente. Nella migliore delle ipotesi si arriverebbe a 250 Gton sulle 1000 necessarie. Ma tutto dipende da quanta superficie ci si può permettere di riforestare. Un'altro studio fatto da Pieter Hoff  (www.treesolution.com) dice invece che per risolvere il problema sia necessario riforestare 2 miliardi di ettari, pari al 13 % della superficie del pianeta, che detto in altri termini è circa il doppio della superficie del Canada oppure i 2/3 dell'intera Africa. E se questa è la cura, questa è anche la misura del danno procurato al pianeta!
Pieter Hoff si dice ottimista e calcola che il suo piano costi meno del salvataggio delle banche dopo la crisi del 2008. Io  sono un po' meno ottimista.
Articoli e studi sensati su quello che dovremo fare a livello globale nei prossimi 100 anni sono una novità abbastanza recente ed in fondo danno la misura di quanto la conoscenza e la scienza siano avanzate e ci fanno familiarizzare con i limiti del nostro ambiente. E allo stesso tempo ci gettano nello  sconforto perché capiamo che l'umanità e l'umano condividono i vizi e finitezza, e l'inevitabile  caducità.
Nei detti popolari si dice che l'uomo passi la prima metà della vita a rovinarsi la salute e l'altra metà a curarsi. 
Iniziamo a curaci.